Arte Laguna (2007)
La fotografia come fine
Osservando la realtà fotografica italiana e paragonandola con quella internazionale, si notano ancora molti punti di diversità. Nonostante lo scenario globale del sistema arte, nel nostro paese permangono ancora molti aspetti deficitari nel modo di concepire questa espressione.
Il modello di utilizzo e divulgazione è ancora profondamente legato ad uno sviluppo che vede la fotografia come un’arte minore o comunque destinata ad un uso specifico e funzionale. Difficilmente si riesce a far percepire al grande pubblico la valenza del genere fotografico nella sua accezione di arte visiva autonoma e slegata da ogni altro fenomeno.
Francesco Bonami, nel catalogo dell’esposizione La dolce crisi del 2006, poneva l’attenzione su questo fenomeno affermando che la fotografia italiana si è sviluppata ed è rimasta vittima di tre tendenze: il paparazzo, il fotografo di moda e la fotografia di architettura. E’ molto diffusa la propensione ad attribuire all’operare del fotografo un valore solo funzionale e non di fine ultimo all’operare del fotografo. Negli ultimi anni la disciplina si sta finalmente smarcando da questa veste che gli è stata cucita addosso. Questo avviene però con notevoli difficoltà, anche per colpa di una strutturazione che va dalle mostre alle riviste, fino al campo commerciale. C’è da sottolineare altresì che viviamo nell’epoca delle immagini e ogni singolo momento della nostra esistenza pervaso dalle icone create dalla pubblicità. Di conseguenza il ruolo del fotografo viene esteso a molteplici funzioni specie in seno al mondo dell’economia per la promozione dei prodotti. Gli studiosi odierni devono continuare ad adoperarsi per far si che la fotografia riesca a ricavarsi in modo compiuto un proprio spazio ed una considerazione di arte indipendente da qualsiasi uso. A favorire questo processo è stato certamente il sistema dell’arte contemporanea. Sembrerà paradossale ma proprio un uso non esclusivo della foto come via espressiva ne ha rafforzato la credibilità in seno al calderone delle arti visive.
Analizzando i nuovi autori del bel paese è facile osservare come molti giovani coniugano l’utilizzo della foto con il video e l’istallazione, creando dei rapporti di intermedialità. Vengono messi in atto una serie di scambi relazionali che anno portato alla creazione di una nuova figura di fotografo, che se valutare il suo agire come atto creativo intimo ed emozionale. Come sottolinea Roberto Valtorta: in anni recenti, la caratteristica della fotografia è parsa sempre di più quella di essere un’arte giovane, nata tardi in seno alla millenaria e complessa storia dell’arte occidentale, che abbia avuto in sorte avuto il dovere di trovare un’identità, maturare e poi invecchiare celeremente ( E’ contemporanea la fotografia?, Lupetti editore 2004).
E’ bene ricordare che il percorso del mezzo fotografico è di neanche due secoli di vita. Di conseguenza bisogna affrontare e risolvere tutta una serie di vincoli verso i quali la pittura si è rivolta con lassi di tempo ben più agevoli. Una delle ultime barriere, che si sta lentamente sgretolando, è l’esaltazione del tecnicismo. Precisando che la tecnica è uno degli assunti fondamentali per ogni genere espressivo, non bisogna confonderla con il mero virtuosismo fine a se stesso. La fotografia è sottoposta ad un accanimento verso il mezzo. Oggi si sentono spesso dibattiti incentrati sulla “superiorità” del bianco e nero verso il colore, oppure del digitale nei confronti dell’analogico. Ovviamente sono riscontrabili delle sensibili differenze, ma non vanno creati dei valori assoluti. Il rischio è porre dei discorsi sterili e passatisti. Sono dispute in merito a elementi tecnico/formali che frenano la reale ricerca artistica. L’attenzione va rivolta alla poetica, alle istanze che la muovono e su come l’espressione sappia focalizzare gli umori di un determinato momento storico e sociale.
Ovviamente il lato tecnico è vitale. Chi di noi non si emoziona davanti alla perfezione di visione di un lavoro di Hiroshi Sugimoto o Gabriele Basilico? Ma la loro grandezza non risiede solo in una eccepibilità formale. I maestri della fotografia sanno creare un substrato di emozioni e riflessioni che coinvolgono il fruitore in modo diretto. Come per le opere pittoriche, il tempo della mera rappresentazione è finito. La fotografia non è costruita da una semplice raffigurazione naturalistica della realtà, ma la componente soggettiva deve essere preponderante.
Per fare un’ulteriore passo in avanti si potrebbe dire che anche il raggio d’azione del fotografo odierno è cambiato. E’ sintomatico pensare che uno dei partecipanti del primo premio internazionale di arte fotografica arte laguna avesse chiesto di non stampare la sua fotografia ma di proiettarla alla parete. Mediante il mondo delle arti visive si creano delle relazioni anche estranee al normale modus operandi del fotografo. Quindi viene a traballare la stessa definizione di fotografo.
Ritengo che l’autore odierno debba operare in modo libero, mediante un continuo dialogo con gli altri linguaggi espressivi. Solo il saper affiancare alla padronanza del mezzo una lucida visione soggettiva e poetica, evita che la ricerca si areni nella sterile rappresentazione. La fotografia come tutte le forme d’arte deve affrancarsi da ogni rigida schematizzazione, per non essere un semplice doppione, ma un peculiare punto di vista sulla realtà.
Carlo Sala
Critico d’arte